Lettera 16 pubblicata il 18 novembre 2010
L'arricchimento mutuo in marcia
Un libro sul nuovo movimento liturgico conquista i lettori francesi (*). Scritto da padre Claude Barthe, già autore di vari libri sulla liturgia antica, questo breve saggio tratta della "messa a posto" della messa di Paolo VI. Eccone una presentazione, tradotta dall'intervista rilasciata da padre Barthe alla rivista francese Monde et Vie.1/ Padre, il suo ultimo lavoro ci spiazza un po'. La conosciamo come difensore della messa tradizionale e la scopriamo attento alla messa di Paolo VI. Come mai un tale interesse da parte sua?
La partecipazione attiva alla difesa della messa tradizionale, non mi ha mai impedito di interessarmi alla trasformazione dell'altra, la messa di Paolo VI. Nel 1997, dieci anni prima del Motu Proprio, avevo pubblicato un libro di riflessioni - "Reconstruire la liturgie. Entretiens sur l’état de la liturgie dans les paroisses" edizioni F-X di Guibert -, in cui il tema era esattamente quello dell'attuale Quaderno. E' chiaro che il Motu Proprio del 2007 ha rilanciato questo proposito, che consiste nel sottolineare come le due critiche parallele dei cambiamenti attuati sotto Paolo VI, nello specifico quella frontale, tesa a promuovere una larga diffusione della liturgia antica, e quella riformista, detta "riforma della riforma", che cerca di mettere in pratica dei cambiamenti dall'interno della liturgia di Paolo VI, sono state strettamente legate sin dall'inizio.
Il progetto di riforma della riforma non può realizzarsi senza quella colonna vertebrale costituita dalla celebrazione più ampia possibile secondo il messale tradizionale. D'altro canto quest'ultimo non può sperare di reinserirsi massicciamente nelle parrocchie ordinarie senza la rinascita di un ambiente favorevole alimentato dal vitale sostegno della riforma della riforma.
2/ I fondamentalisti della forma straordinaria ritengono che il messale di Paolo VI non sia riformabile e che sarebbe necessario disfarsene. Lei pensa che invece possa essere salvato, o che si possa addirittura arricchirlo, come?
Penso innanzitutto che sia completamente irrealistico credere che con un colpo di bacchetta magica in tutte le parrocchie del mondo tutte le messe vengano di nuovo celebrate secondo l'uso antico. Di contro posso constatare, insieme ad altri, compresi alcuni che sono ai vertici della gerarchia cattolica, che il messale di Paolo VI contiene un'infinità di opzioni, sfumature e possibilità d'interpretazione. Operando una scelta progressiva o sistematica, o sistematicamente progressiva, delle opzioni a carattere tradizionale che contiene, si può rendere possibile nelle parrocchie, in modo perfettamente canonico, un aggiustamento, in senso ortodosso, del suo utilizzo. D'altra parte è una semplice constatazione: Moltissimi parroci praticano già questa riforma della riforma, spesso per tappe, e nella grande maggioranza dei casi, parallelamente, celebrano la messa tradizionale.
Per rispondere dunque alla domanda, direi che credo che la liturgia romana possa essere salvata, come si può constatare in pratica, attraverso un'azione a doppia velocità: diffusione del messale di San Pio V e riforma della riforma. Questo farà si che, parafrasando un celebre discorso di Paolo VI, si abbandoni progressivamente tutto ciò che questa riforma comporta che è già vecchio e fuori moda proprio perché non tradizionale. Dopo questa operazione vedremo bene cosa si salverà...
3/ Lei ci fa scoprire una parte poco conosciuta della storia liturgica di questi ultimi quarant'anni. Mentre i sostenitori della messa tradizionale non sentivano il bisogno di preoccuparsi del nuovo messale, alcuni adepti "moderati" di quest'ultimo, una corrente decisamente minoritaria a dire il vero, si sono adoperati per proporne una riforma. Ci può brevemente descrivere questa posizione?
E' la storia di quella che potremmo chiamare la critica riformatrice del nuovo messale. In breve, e parlando solo della Francia, possiamo ricordare che un teologo come Louis Bouyer, che aveva partecipato attivamente alla riforma conciliare, è entrato molto presto in conflitto con un certo numero dei suoi aspetti, in particolare in riferimento all'orientamento della celebrazione. L'abbazia di Solesmes e, in gradi differenti, alcune delle sue "figlie" hanno accettato la riforma, ma senza derogare all'uso del latino e del gregoriano. La Comunità Saint-Martin, di Monsignor Guérin, ha optato per il messale di Paolo VI, ma secondo un'interpretazione molto "tradizionalizzante". Monsignor Maxime Charles, rettore della Basilica di Montmartre, e l'abate Michel Gitton, il suo principale erede spirituale, un tempo parroco di St-Germain-l’Auxerrois a Parigi, hanno avuto come linea di condotta la conservazione di ciò che sembrava poter essere recuperabile in mezzo alle rovine.
Soprattutto, c'è stato il fenomeno Ratzinger. Già nel 1966, Joseph Ratzinger era intervenuto in modo molto severo al Katholikentag di Bamberga a proposito della riforma in corso. La lotta contro quello che riteneva essere un "falso spirito del Concilio" è divenuta, per così dire, sostanziale per colui che è stato Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1981, e poi Papa nel 2005. In materia di liturgia Joseph Ratzinger andava molto più lontano rispetto agli altri riformisti. Sappiamo oggi che il 16 novembre 1982 aveva organizzato a Roma una riunione cardinalizia "riguardo le questioni liturgiche", ed aveva ottenuto che tutti i Prefetti delle Congregazioni presenti alla riunione affermassero che il messale romano antico doveva essere "ammesso dalla Santa Sede in tutta la Chiesa per le messe celebrate in lingua latina". Nel 1982... esattamente un quarto di secolo prima della pubblicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum!
4/ La Sua opera è sottotitolata "Un nuovo movimento liturgico". E' un pio auspicio, o la constatazione del fatto che attorno a Benedetto XVI, punta di diamante di questa riforma della riforma, si è costituito un gruppo influente di prelati e uomini di Chiesa che intendono, se non portarla velocemente a compimento, almeno dargli una spinta decisiva?
Appunto: Appoggiandosi sulle opere di Joseph Ratzinger ("Rapporto sulla fede", "La mia vita", "Introduzione allo spirito della liturgia", "Cantate al Signore un canto nuovo", "La festa della fede") e trovando in queste un'autorevole legittimazione, si è costruita una nuova generazione di teologi, storici del culto divino e membri della Curia , che forma oggi il nucleo degli ideatori della riforma della riforma e dei sostenitori del Motu Proprio.
Detto questo, nessuno di loro, a cominciare dal Papa, intende promuovere questa riforma della riforma attraverso testi, decreti o tramite la pubblicazione di un nuovo messale di sintesi fra il nuovo e l'antico: Un messale "Benedetto XVI" che non farebbe altro che aggiungersi al messale Paolo VI. Vogliono piuttosto procedere con l'esempio, l'esortazione, l'educazione e soprattutto, per evocare il tema dell'Epistola ai Romani di San Paolo, provocare una sana "gelosia" della forma detta oggi ordinaria nei confronti di quella detta straordinaria. Questa è del resto la caratteristica della restaurazione voluta dal cardinale Ratzinger fin dal 1985: Cercare di arrivare al cuore delle questioni conciliari, ma in modo esortativo e mai coercitivo.
La riforma della riforma, infatti, da già i suoi frutti in un gran numero di parrocchie. E' sufficiente dunque incoraggiarla, diffonderla, e soprattutto farla arrivare al livello delle diocesi. Sarebbe giusto e opportuno che, invece di riguardare solo i parroci alla base, e il Papa alla sommità, essa venisse messa in pratica anche dai vescovi. Immaginiamo per un momento l'effetto prodigioso della restaurazione non solo della liturgia, ma di tutto ciò che ad essa si accompagna, intendo le vocazioni, la dottrina, il catechismo, il rinnovamento della pratica cattolica, che si scatenerebbe se un vescovo, poi due, poi tre... girasse nuovamente l'altare nella sua Cattedrale, ristabilisse l'uso della comunione in ginocchio, reintroducesse il latino e il gregoriano, e vi facesse regolarmente celebrare la messa tradizionale.
5/ Benedetto XVI, durante il suo viaggio apostolico nel Regno Unito, ha celebrato tutte le sue messe con il prefazio e il canone letti in latino. Cosa le ispira questa novità solo l'ultima di una serie a partire dall'elezione del cardinale Ratzinger, riguardo le celebrazioni pontificie?
Mi ispira "gaudium et spem", gaudio e speranza. Spero, per esempio, che in un prossimo viaggio apostolico, il Papa celebri pubblicamente la messa secondo la forma straordinaria del rito romano, cosa che, si dice, lui faccia regolarmente in privato....
(*) "La Messe à l'endroit – Un nouveau mouvement liturgique"
Éditions de l'Homme Nouveau